di Lucia Lozzi
Presentato il libro di Stefano Iannacone “Fuori tempo massimo” presso la scuola di arte, recitazione e teatro Cast di Salvatore Mincione Guarino e Giovanni Gazzini, in uno sfondo che trasuda cultura, amore e passione per l’arte. Arte intesa come teatro ma anche lettura, libri e, in quest’ottica ecco un Carmine Gazzani, giornalista, che ci presenta il libro di Stefano Iannacone, “Fuori tempo massimo”. Nato ad Avellino, Iannacone, giornalista anch’egli, collabora con il Journal, Gli Stati Generali, il Fatto Quotidiano, Excitee YOUng. Il suo primo romanzo “Andra’ tutto bene”, terribilmente attuale, ha affrontato il male della generazione odierna, la precarietà, l’ha visto impegnato in un suo stile fresco, reale e ad una splendida inventiva. Capace in questa sua opera di dipingere con immediatezza e vivacità, e tanta piacevole ironia, il sentire di una generazione, ha riportato queste qualita’ anche nel suo libro “Fuori tempo massimo”, un romanzo “corale”, specifica Iannaccone, dove ” ho cercato di dare uno sguardo più vasto sul mondo grazie alla presenza di molti personaggi. Si è trattato anche di uno sforzo stilistico, perché la chiusura di ogni capitolo tende a essere il preludio di quello successivo. Credo che questo libro porti con sè un messaggio più complesso. La frase che sintetizza la sua essenza è: la frustrazione, ecco qual è il sentimento più praticato della nostra epoca”. Fuori tempo massimo è un romanzo di persone comuni che, attraverso diversi punti di vista, scopriranno come nella vita non esistono dogmi e non sempre le cose vanno come dovrebbero andare: a volte, semplicemente, vanno. “Perché la concatenazione di eventi esiste, eccome. Non credete alla favola di chi dice il contrario. Soprattutto quando, all’improvviso, ogni apparente certezza su cui era sicuro di poter contare e che credeva di aver saldamente costruito, crolla irrimediabilmente”. Dall’ebbrezza e dall’euforia del potere raggiunto, alla perdita del lavoro e dell’amore, nella vita del protagonista, iniziano a emergere i dubbi e le incertezze, i difetti e le debolezze di un giovane, ormai diventato uomo, a cui non resta altro che confidare in Lara, la sua piccola nipote, attenta e taciturna ascoltatrice, unica persona che può salvarlo dalla terra di mezzo in cui si ritrova. La smania di successo e potere legata alla frustrazione personale. Il giornalista e scrittore Stefano Iannaccone dipinge un affresco molto interessante della società contemporanea nel suo nuovo romanzo, “Fuori tempo massimo”, (edizioni La bottega delle parole). “Volevo scrivere un libro che raccontasse il desiderio di potere che anima molte persone, forse tutti noi. Non parlo di potere politico, ma di quello quotidiano: la promozione al lavoro, la possibilità di “comandare” qualcuno, ma anche potere nel senso fisico, esercitato con la bellezza o addirittura con le armi”, spiega l’autore. Tanti personaggi, tante storie, tante facce, tutte legate in qualche modo al protagonista. “Fabio è un trentenne molto fortunato nella vita, gli capita di “vincere facile”, poi però non sa sfruttarne i vantaggi. Anzi, spreca tutto perdendo lavoro e ragazza per aver ceduto alle avances…E QUI vi lasciamo in sospeso perche merita davvero di essere letto. Un libro che nasce per intrattenere con simpatia e far riflettere con ironia, un libro di grande attualità, che diventa la voce di una generazione, la nostra generazione indefinita e tormentata, in equilibrio precario tra la paura e l’ansia tipiche di chi pensa al suo futuro mentre cerca di riappropriarsi di un presente che gli sembra spento e svanito. La prefazione, di Jacopo Tondelli, e’ decisamente coinvolgente, “ma perche’ i giornalisti scrivono romanzi? Noi, noi che di mestiere dovremmo raccontare la realta’, soprattutto quella scomoda e sgradita, com’e’ che ad un cerro punto, sempre piu’ spesso, cediamo alla “tentazione” del romanzo?”- Vanita? No..una gran voglia di verita’, di parole come terreno di realta’, come intuiva Pier Paolo Pasolini, poco prima di essere ucciso. Il giornalismo italiano stava imboccando la via della chiusura nel “Palazzo”, di cui intercettava e amplificava ogni brusio e bruchilio, fino a farlo diventare sinfonia avvolgente. E la realta’, il mondo dove sono andati a finire, chi li racconta piu’?. Si chiedeva Pasolini. Ecco allora la risposta alla domanda da cui siamo partiti e, mentre si combate la lotta comune per un giornalismo che torni a fare verita’ in modo corretto, si riporta quel che succede alla vita delle persone .