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Le conseguenze della raccomandazione: da Schettino agli "sfigati"

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In un bellissimo film, romantico a suo modo, il regista Paolo Sorrentino indaga le conseguenze, deleterie, dell’amore, raccontando l’animo tormentato di un contabile della mafia, un Toni Servillo in stato di grazia. Allo stesso modo, anche se in maniera molto meno poetica, si potrebbero esplorare, partendo dai recenti fatti della cronaca e dell’attualità politica le conseguenze, letali, della raccomandazione. Nella vicenda, abusata e ormai giornalisticamente logora, del naufragio della Costa Concordia, si sono setacciati e narrati fino alla noia dettagli di ogni tipo ma, forse, non si è posto abbastanza l’accento su un particolare determinante: il capitano “lover boy”, spaccone e, nel momento del bisogno, corridore (assieme a qualche altro membro “scelto” dell’equipaggio) come ci è arrivato lì? Chi ce lo ha messo? E secondo quali caratteristiche fisiche, psichiche e attitudinali ha avuto il potere di vita e di morte, perché di questo si tratta, su quattromila persone? Bisognerebbe indagare, e qui si chiude l’argomento, francamente trito e ritrito, se Schettino sia stato messo lì per reali capacità – che però, la notte del naufragio, non ha certo dimostrato – o se perché parte della categoria, ai lettori di questa rubrica ben nota, dei raccomandati. Chissà. Esaurito l’argomento più in voga del momento nel salotto di Bruno Vespa, orfano degli urlatori di palazzo di qualche mese fa, concentriamoci invece sullo svezzando governo Monti che, proprio come i lattanti, a comunicazione scarseggia alquanto. Tra il ministro Fornero che giudica l’articolo 18 un retaggio delle corporazioni, il ministro Balduzzi che dice di non temere il referendum sulla legge elettorale contro il porcellum (come se la volontà popolare fosse uno spauracchio), il sottosegretario Polillo che definisce candidamente “un mezzo imbroglio” il referendum sull’acqua e lo stesso premier Monti che parla di posto fisso “noioso”, le presunte buone intenzioni dell’esecutivo dei Professori vanno a farsi benedire. Ma dato che questa non è una rubrica di comunicazione – per approfondimenti in questo campo rivolgersi eventualmente a Scriptalab -, sarà il caso di concentrarci sulle esternazioni di un altro genio della parola di questo governo, il sottosegretario Michel Martone, il quale ha definito, testualmente, “sfigati”, gli studenti non ancora laureati a 28 anni. Perché ci concentriamo su Martone in una rubrica contro le raccomandazioni? Ma perché il buon Michel avrebbe, a sentire le voci che circolano, buon diritto di essere il santo protettore di tale rubrica! Il brillante viceministro, avvocato e professore ordinario di diritto del lavoro a soli 29 anni, pronto a scagliarsi contro i fannulloni accademici di brunettiana memoria, è anche un illustre “figlio di”. Precisamente di Antonio Martone che, quando era un potente avvocato della Cassazione, pare (lo ha dichiarato, a verbale, l’imprenditore Arcangelo Martino, al centro dell’inchiesta sulla P3, la cricca accusata di elargire favori e appalti ai potenti di turno) abbia caldeggiato il curriculum dell’enfant prodige al senatore Marcello Dell’Utri, affinché trovasse per il figlio “una risposta lavorativa”, attraverso il partito (Forza Italia). Ora, non possiamo affermare con certezza che ci sia un nesso tra le legittime preoccupazioni paterne e la cattedra ottenuta a scapito di concorrenti con curriculum più corposo, né se ci sia con la consulenza da 40mila euro l’anno affidatagli (toh!) proprio da Brunetta né, infine, se possa esserci qualche legame con l’ascesa all’attuale ruolo di viceministro in un governo appoggiato fortemente anche dalla parte politica alla quale il genitore premuroso si era rivolto. Certamente si può affermare, però, che il talentuoso Michel dovrebbe mostrare un minimo di buon senso ed evitare di attaccare ragazzi che non hanno la fortuna di avere un papà così “introdotto” da poter chiedere favori a un senatore. D’altronde Martone è in ottima compagnia. Secondo un rapporto dell’Isfol, l’istituto per la formazione professionale dei lavoratori, di un paio di mesi fa, un italiano su tre, il 30,7 per cento, ha dichiarato di aver ottenuto l’impiego grazie a una raccomandazione. Percentuale che sfiora il 40% tra i giovanissimi. Certo, lo sappiamo. Ma vedersi sbattere in faccia i numeri fa male. E se poi i raccomandati ti danno pure dello sfigato…
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